| CAPITOLO IV
Dopo aver consumato il loro pasto Ray, Daril, Artis e Kundadel uscirono dalla locanda per farsi una passeggiata e prendere una boccata d’aria. Per tutto il tempo Ray aveva osservato Kundadel senza farsi notare, per il momento lo riteneva un uomo misterioso ma aveva l’impressione che fosse molto potente ed esperto nel suo campo. All’improvviso, quando nessuno se lo aspettava, Kundadel prese la parola:
<<Domani dovremo partire molto presto. E’ già stato perso molto tempo e non possiamo permetterci altre pause. Andremo a Darmas, la città dove è situato il Consiglio dei Draghi. Vorrei che la nostra partenza fosse segreta, nessuno oltre a noi lo deve sapere. Affronteremo un viaggio lungo ed insidioso, incontreremo pericoli ovunque. Dovete essere pronti ad affrontare qualsiasi cosa. Io ora ho delle faccende da sbrigare. Vi aspetto domani mattina ai margini della città.>>
Cosi Kundadel spari dalla loro vista in un istante, lasciandoli sbalorditi dove erano. La sera i due ragazzi dormirono poco a causa dei pensieri che affollavano la loro mente, e quelle poche ore di sono erano tempestate da strani sogni che non davano tregua. Il mattino arrivò presto, cosi Ray e Daril si preparano in fretta, consumarono un pasto veloce e si diressero ai margini della città dove li aspettava Kundadel. Arrivati nel luogo dell’appuntamento trovarono il possente mago ad attenderli, gli rivolse un saluto e dopo poco partirono alla volta di Darmas. Mentre camminavano, i due ragazzi rivolsero uno sguardo nostalgico alla loro città, chissà dopo quanto tempo l’avrebbero rivista. Il viaggio inizialmente fu normale, passarono lungo strade sterrate senza la minima fatica, a volte c’era da fare qualche salita ma nulla di difficoltoso. Le starde erano costeggiate da possenti alberi messi li come a guardia di qualcosa di misterioso, il terreno circostante era ricoperto di colline erbose. Dopo qualche ora di viaggio il paesaggio cambiò bruscamente. Si trovavano all’ingresso di un bosco tetro. Gli alberi erano rinsecchiti, il terreno era nero come la pece e la luce filtrava di tanto in tanto attraverso qualche fessura tra gli alberi, per il resto dominava la più assoluta oscurità.
<<Questa è L’Arcas, una foresta maledetta>>, disse Kundadel,<<al suo interno si celano molti pericoli. Avrei preferito evitarla ma attraversandola arriveremo prima. Andiamo ora.>>
Cosi entrarono nell’Arcas, facendo attenzione a qualsiasi movimento al suo interno. Si poteva percepire il male che ne traspariva, l’oscurità impediva allo sguardo di vedere lontano e questo era davvero un problema. Kundadel sembrava muoversi con facilità, come se il suo sguardo riuscisse a penetrare e squarciare l’oscurità circostante. Tutto sembrava andare per il meglio, quando Kundadel fece cenno di fermarsi. Ray e Daril all’inizio erano perplessi ma poi capirono il significato di quel gesto. Intorno a loro si stavano muovendo delle ombre, oscure come la foresta che abitavano. Erano davvero tante, non c’era da aspettarsi nulla di buono da loro. D’un tratto emersero dall’oscurità mostrandosi. Strane creature con occhi rossi come il sangue, figure snelle ma al tempo stesso muscolose, le mani terminavano con artigli affilatissimi, il volto contorto in un ghigno malefico.
<<Sono Catras. Creature diaboliche, fate molta attenzione sono velenosi.>> disse Kundadel vedendo la perplessità dei due ragazzi.
I Catras cominciarono a muoversi velocemente, accerchiando le loro vittime. I loro movimenti erano anormali, poiché si contorcevano in una maniera disgustosa. Attaccarono in modo fulmineo, con una velocità pazzesca. Ray si mise in posizione e con entrambe le mani fece apparire numerosissime fiamme tutt’intorno. Con un gesto della mano le fiamme si diressero verso le creature incenerendole. Daril usò le arti marziali, colpendo violentemente tutte le creature che gli andavano contro. I Catras rimasero stupefatti dalle abilità dei due ragazzi tanto da indietreggiare. In quel momento intervenne Kundadel, non voleva far sprecare energie preziose a Ray e Daril, cosi con un gesto della mano evocò un sfera fiammeggiante di un verde acceso. Mormorando parola arcane fece esplodere la sfera e tutte le creature furono disintegrate in un attimo.
I due ragazzi rimasero sbalorditi, Kundadel aveva eliminato senza sforzo tutti i Catras. <<Una sfera purificatrice, utile in molti casi. Ora andiamo, abbiamo ancora tanta strada da percorre.>>
Cosi ripresero il loro viaggio, consci che questo era solo l’inizio di ciò che li attendeva.
CAPITOLO V
Era notte ormai, la pallida luce della luna illuminava gli stretti vicoli e le piccole case, tutto era silenzioso eccezion fatta per qualche locanda dove gli ubriaconi ancora facevano baccano. Una figura nera passava agile per le strade di Sitrial, con movenze feline e con un eleganza sublime. Passò varie strade senza mai destare l’attenzione di chi popolava la città. Si fermò davanti ad una locanda, la porta grande e segnata dal tempo. Una grande insegna sulla sommità raffigurante un gatto che sembrava in procinto di saltar fuori. Il misterioso individuo entrò nella locanda, silenzioso come sempre. Nessuno dei presenti ci fece caso, tanto erano ubriachi. Si avvicinò all’oste e disse:
“Rapida è la mano, quando una bistecca fa la sua comparsa.”
L’oste lo fissò per un momento ma era impossibile identificarlo per via del cappuccio che portava. Poi sorrise e gli fece cenno di seguirlo nel retro della locanda.
“Ah, Feir quando cambierai quella dannata parola d’ordine? Anzi, sarebbe meglio dire frase d’ordine.” l’individuo scoppiò in una risata, era da tempo che non faceva battute. “Sta zitto Tial, a me piace e nessuno immaginerebbe mai una simile frase come parola d’ordine.”
I due passarono un piccolo corridoio, svoltarono a destra ed entrarono in una grossa stanza. Al centro c’era un grande tavolino ricoperto da una tovaglia ben ricamata, ai lati torreggiavano una credenza con varie cianfrusaglie, piatti, bicchieri e quant’altro e una libreria con qualche libro di chissà quale epoca. Feir, il locandiere, preparò qualcosa da mangiare per il ragazzo e si sedette insieme a lui accompagnato da una buona bottiglia di vino.
“Allora ragazzo, cosa ti porta da queste parti? Di certo non solo il cibo…” Sorrise…
Tial attese qualche istante prima di rispondere poi prese un bel respiro e cominciò:
“Mi hanno commissionato un nuovo lavoro Feir, questa volta è uno di quelli che potrebbero cambiarti la vita per sempre. C’è qualcosa di grosso sotto. Un’organizzazione conosciuta come Cristallo Nero ha mandato un suo emissario a cercarmi. Mi ha spiegato che devo cercare un giovane ragazzo, che devo catturarlo e portarlo da loro. Senza ucciderlo, hanno bisogno di lui da vivo. Dare un lavoro cosi, un lavoro in cui non c’è bisogno di un assassinio, ad un assassino mi sembra sospetto. E poi chissà perché hanno scelto me, si dice in giro che siano potenti.”
Feir aveva ascoltato con attenzione ogni singola parola, aveva sentito strane storie su quell’organizzazione ma era sempre avvolta dal mistero. Era un po’ preoccupato per Tial ma, alla fine, sapeva che il ragazzo se la sarebbe cavata, era sveglio e forte.
“Bè, Tial, pensaci un po’ prima di accettare… Quell’organizzazione non mi piace per niente.”
Finirono quel che resta della cena, rimisero tutto in ordine e poi si separarono con un breve saluto.
Tial usci dalla locanda, assorto tra i suoi pensieri. Pensava a questa missione, al significato che quel ragazzo poteva avere per l’organizzazione, e ai pericoli cui sarebbe andato in contro se avesse accettato. Le sue abilità lo avevano reso un assassino temibile e rispettato, la gilda di cui aveva fatto parte non c’era più, solo lui e pochi altri erano sopravvissuti. Pensava ai suoi compagni di un tempo e a cosa avrebbero fatto al suo posto. Se solo Vres fosse stato ancora con lui, tutto sarebbe stato più semplice…
Passi, con uno scatto fulmineo Tial si immerse nelle ombre in attesa della comparsa di qualcuno… Ed infatti, da un vicolo adiacente, emerse una figura incappucciata, snella e alta. Si fermò e rivolse lo sguardo verso Tial.
“Esci fuori ragazzo, devo parlarti.” la voce piena e calda della figura ruppe il silenzio che fin’ora aleggiava nell’aria. Tial fu sorpreso nel capire che era stato individuato cosi rapidamente, c’era qualcosa in quell’essere che gli trasmetteva fiducia ma un assassino deve essere molto cauto nel fidarsi di qualcuno.
La figura tolse il cappuccio e lo fece scivolare dietro le spalle. Aveva lunghi capelli che al chiaror della luna sembravano argentei e una folta barba a ricoprirgli il viso. Dall’aspetto era anziano ma per qualche strano motivo sembrava trasmettere un incredibile energia.
“Il mio nome è Artis, e devo parlarti Tial. E’ di vitale importanza…”
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